Gli esordi

Non si hanno dati certi circa l’inizio della coltivazione del granito rosa di Baveno. Per tradizione si attribuisce a S. Carlo Borromeo la “scoperta” casuale delle cave del granito all’inizio del XVI secolo. Certo è che fu proprio grazie alla famiglia Borromeo, feudataria del territorio, che si diffuse ampiamente l’utilizzo del granito di Baveno in edifici milanesi di rilievo artistico sia civili sia religiosi, quali il colonnato del Lazzaretto (1506), la chiesa di S. Fedele (1570), il Seminario Maggiore (1572), le logge di Palazzo di Brera. Il rapporto commerciale tra Baveno e la capitale lombarda si fece sempre più stretto, grazie alle idrovie, agevoli per il trasporto e già collaudate per il marmo di Candoglia.

Le cave si trovavano, e si trovano ancora oggi, nel cosiddetto “angolo della voltata”, il tratto cioè della strada del Sempione da Baveno alla frazione di Feriolo, caratterizzando l’intero contesto ambientale delle pendici del Monte Camoscio e dello scaglione isolato detto Motto del Castello. Le statistiche delle ditte bavenesi raccontano di un massimo di sedici cave aperte sulle pendici del Mottarone.

 

L’Ottocento e Nicola Della Casa

L’epoca d’oro dei picasass bavanesi corrispose al secondo Ottocento e all’inizio del Novecento con grandi dinastie di cavatori di granito, quali gli Adami, i Bernasconi, i Cirla, i Della Casa, i Galli, i Polli e i Tamini.

Il merito di aver avviato una produzione con metodi industriali ed una commercializzazione moderna con esportazioni in tutta Europa e nelle Americhe va ascritto all’imprenditore Nicola Della Casa (1843-1894). L’escavazione del granito di Baveno da parte del Della Casa iniziò nel 1874 e con il 1879 l’attività poté fregiarsi del titolo di “premiata ditta”, con la possibilità di utilizzare lo stemma reale. Egli ottenne il “gran diploma d’onore”, per essere stato «il primo in Italia ad applicare la lavorazione meccanica ai graniti», fu infatti il primo tra gli imprenditori locali ad aver introdotto la caldaia a vapore per muovere i torni da lucidatura e fu tra i primi sperimentatori di mine in caverna.

Egli percepì inoltre la necessità di un’apertura dei mercati a livello internazionale, l’importanza della conoscenza delle lingue straniere e il valore della sperimentazione nell’utilizzo dei nuovi mezzi di trasporto sempre più veloci, arrivando ad aprire uffici di rappresentanza in diverse grandi capitali d’Europa e d’America.

 

Dal Novecento ad oggi

Nel Novecento è la ditta Cirla a prendere l’eredità di Della Casa nella commercializzazione del granito in tutto il mondo. Attiva nel settore della lavorazione delle pietre fin dalla fine del XVII secolo, la famiglia Cirla negli anni Settanta del XIX secolo acquistò alcune cave di granito situate a Baveno e sul Montorfano (Mergozzo) e avviò così lo stabilimento di Gravellona Toce.

Nel 1883 la ditta iniziò la lavorazione delle colonne con torni meccanici per opere monumentali e chiese, tra le quali le celebri colonne per il quadriportico della basilica di S. Paolo fuori le mura a Roma (1892-1928) e quella per il monumento a Cristoforo Colombo di New York (1892).

Negli anni seguenti l'attività si allargò alla fornitura di materiali per innumerevoli monumenti nel centro e sud America, ma anche in estremo oriente con il palazzo reale di Bangkok (1908-1913).

Dopo un momento di arresto coinciso con la Seconda Guerra Mondiale, l’industria del granito, che, tra l’altro, comprendeva anche la realizzazione di macine e fondi per l'industria olearia, trovò nuovo impulso dalla grande richiesta di lastre di granito di spessore ridotto per rivestimenti edilizi.

 

Si può stimare che complessivamente dalle cave di Baveno siano stati estratti più di un milione di metri cubi di materiale.

 

Oggi l’attività estrattiva prosegue nella cava Seula e nella Scala dei Ratti, gestite dal 1989 dalla società AGIFIN. Accanto alla classica coltivazione di questa pietra ornamentale, si affianca la preponderante attività di miniera con il recupero degli sfridi di cava, da cui vengono estratti i feldspati, impiegati nell’industria ceramica e vengono prodotti inerti per calcestruzzi, asfalti, guaine bituminose, ballast ferroviario e ghiaie di varie pezzature.

 

Il granito nell’arte

Accanto all’attività di estrazione e lavorazione della pietra per l’utilizzo nell’edilizia, grazie alla maestria raggiunta dai “picasass” si è sviluppato anche un filone che riguarda la lavorazione artistica del granito e delle altre pietre in generale.

È il caso ad esempio del bavenese Raffaele Polli, nato nel 1937, ha affiancato il padre e lo zio nell’azienda di famiglia avviata nel 1920 nella realizzazione di importanti monumenti tra i quali la Vittoria Alata al Cimitero Americano sulla via Cassia (1958) o il monumento allo sbarco in Normandia a Colleville sur mer (1958), si è così impadronito del mestiere e ha proseguito un lavoro di ricerca personale, che lo ha portato alla creazione di opere proprie, a volte affiancato dal fratello Luigi. Si ricordano a Baveno il “Monumento dello scalpellino” e la “Cristallizzazione del granito”.

Il granito rosa è stato scelto anche da artisti di fama internazionale, quali Giò Pomodoro (1930-2002), che con il granito ha realizzato la scultura “Ad Sidera” nel Parco di Taino (VA) (1989).

Lastre di granito rosa di Baveno sono state scelte per la fontana realizzata dallo scultore svizzero Dominique Appia, per la sede Rolex di Ginevra (1993).

Oggi i fratelli bavenesi Marcello e Fortunato Marchi sono attivi artigiani del granito, impegnati anche nella realizzazione di opere scultoree: fra le più note la scultura posata a Pragelato per le Olimpiadi Invernali 2006 su progetto dell’artista svizzera Nancy Guggenheim.




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