Mestiere
I processi estrattivi del passato e la sua evoluzione nella storiaL’estrazione in passato
Il processo estrattivo e di lavorazione del granito per millenni si è basato sull’impiego di strumenti rudimentali e sul duro lavoro dell’uomo.
Nell’evoluzione delle tecniche tradizionali di estrazione si possono individuare due grandi periodi.
In un primo periodo, caratterizzato da un basso rendimento, si isolavano porzioni di roccia utilizzando cunei di legno inseriti a percussione in fratture naturali (le cosiddette cugnere), i quali, bagnati con acqua, si gonfiavano provocando il distacco dei blocchi, che potevano essere poi lavorati. I cunei vennero progressivamente sostituiti da punte metalliche, chiamate punciotti.
Intorno alla prima metà 1800, si passò all’impiego della mina in un contesto ormai di intenso sfruttamento delle cave. L’utilizzo della polvere da sparo permetteva un alto rendimento, ma produceva notevoli perdite di materiale. La necessità di effettuare gran parte delle lavorazioni manualmente richiedeva comunque sempre un numero elevato di operai in cava.
Trasporto e lavorazione in passato
In cava lo spostamento ed il ribaltamento dei blocchi avveniva tramite cric in legno e gru (derrick), ancorati con funi alle pareti rocciose circostanti, dotati di carrucole per ridurre la forza necessaria al sollevamento. Per la movimentazione di blocchi di dimensioni ridotte si utilizzavano carriole in legno con ruote in ferro, oppure gerle in legno.
Prima dell’avvento dei grossi mezzi di trasporto gommati e cingolati con motore a scoppio, il trasporto a valle avveniva lungo piani inclinati lastricati, detti vie di lizza, sui quali venivano fatti scivolare i blocchi riquadrati trattenuti da funi su slitte in legno.
Nei giacimenti ubicati a quote elevate si impiegavano teleferiche in legno e cavi in ferro. Veri e propri binari su cui erano fissati particolari vagoni al fine di sostenere in posizione orizzontale il materiale trasportato vennero introdotti in tempi più recenti.
A fondovalle il mezzo di trasporto principale era il carro, molto robusto e rinforzato, trainato da buoi o cavalli, con un piano di carico leggermente inclinato. Il materiale veniva infine caricato su barconi e, sfruttando le vie d’acqua, poteva percorrere anche lunghi tragitti per arrivare nelle diverse destinazioni.
Il lavoro in cava oggi
A partire dal XX secolo, con l’abbandono dell’utilizzo delle mine, si ebbe un’ulteriore evoluzione delle tecniche di coltivazione lapidea, fino a giungere alle modalità attuali, che si possono definire razionali e regolarizzate, caratterizzate da un’elevata automazione, con una considerevole resa dal punto di vista del materiale lavorabile ottenuto e una riduzione dei rischi.
L’avvento dei perforatori pneumatici e delle macchine operatrici ha consentito il passaggio ad un’attività di impostazione industriale.
Le cave di granito rosa di Baveno sono a cielo aperto, tipologia più diffusa per le pietre ornamentali; l’escavazione avviene in modo regolare, cioè dall’alto verso il basso e prevede la realizzazione di gradoni, che corrispondono a fronti di cava, i quali disegnano sul versante una serie di superfici inclinate. La massa di roccia che viene staccata dal giacimento si chiama bancata e può avere volumi variabili, ma in genere le dimensioni sono standard e commerciali. La bancata viene sezionata e suddivisa in fette e blocchi di dimensioni trasportabili dagli autocarri; la movimentazione in cava avviene con mezzi meccanici (escavatori, pale gommate o gru derrick), così come il trasporto successivo che dai primi del Novecento è su gomma.
Il taglio e la sbozzatura oggi
Il taglio al monte della bancata viene eseguito ancora con il fioretto, montato su strumenti perforatori pneumatici; si realizzano una serie di fori paralleli verticali (detti a taglio continuo), nei quali è successivamente inserita una debole carica esplosiva collegata con un detonatore, che provocano un’esplosione controllata. Macchine perforatrici che si muovono su rotaie realizzano, poi, fori orizzontali, che provocano il distacco completo dei blocchi. I tempi di lavoro sono notevolmente ridotti rispetto al passato e con limitate quantità di esplosivo si possono staccare blocchi di grandi dimensioni.
In alternativa all’impiego dell’esplosivo viene adottata la tecnica del taglio con il filo diamantato, introdotto sul finire del XX secolo: si tratta di un cavo d’acciaio ricoperto di perline di diamante sintetico, che sfrutta la nota azione abrasiva e tagliente di questo minerale su tutti gli altri materiali. Il filo viene messo su una tagliatrice montata su una slitta a cremagliera: man mano che il taglio procede questa si allontana dal fronte di cava mantenendo costante la tensione del filo e inducendo il taglio della roccia.